lunedì 8 luglio 2013

UN'ESTATE CON DAVIDE CALì: TRE LIBRI + 1, UNA APP, UN CONCORSO, E...

Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013
Leire Salaberria, nata a Andoain nel 1983, si è laureata in belle arti all'UPV di Bilbao. Nel 2012 è stata selezionata alla "Mostra degli illustratori" della Fiera del Libro di Bologna. Il suo stile è molto vario, così come le sue tecniche. Principalmente rivolta all’editoria per l’infanzia è molto interessante anche quello che produce per adulti. Tre suoi libri: Euria ari duenean. Cuando llueve, Kalandraka (Spagna, 2011), Los invitados de mi hermana, Ediciones El Naranjo, (Messico, 2012),  El señor Ramón y la señora Ramona, OQO (Spagna, 2012).
Io, Qinuq, con il testo di Davide Calì è il suo primo libro pubblicato in Italia (Kite Edizioni, 2013).


Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013
Marco Somà è nato a Cuneo nel 1983, frequenta l’Accademia di Belle arti e poi il Master di Ars in fabula di Macerata. È stato selezionato alla "Mostra illustratori" della Fiera del Libro di Bologna 2011 e per l’Annual 2011 dell’Associazione Illustratori, nello stesso anno ha pubblicato per Einaudi Ragazzi il suo libro d’esordio: Il bambino di vetro (con testo di Fabrizio Silei) si è aggiudicato il "Premio Andersen 2012" nella categoria 9-12 anni. «Marco», scrive Davide Calì, «ha uno stile eclettico ed estremamente interessante. L’attenzione per il dettaglio, il decoro e l’architettura sono gli elementi che promettono di farne un grandissimo illustratore». Marco Somà, insieme a Valerio Vidali, Monica Barengo e Claudia Palmarucci, sono stati i  protagonisti della mostra appena conclusasi "STAGIONI/SAISONS", nata dalla collaborazione tra la Galerie Jeanne Robillard e Davide Calì.


Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013
Maurizio A.C. Quarello è nato nel 1974 a Torino, dove ha studiato grafica, architettura e illustrazione. Dopo varie esperienze nella pubblicità e nella pittura naturalistica, a partire dal 2004, si è dedicato all’illustrazione per l’infanzia ottenendo, in quell’anno, il "Prix des Mediateurs Figures Futur" al Salon de Montreuil e tre primi premi a concorsi di livello nazionale. Nel 2005 ha pubblicato il suo primo libro con Orecchio acerbo editore. Ad oggi ha al suo attivo oltre trenta titoli, pubblicati dalle più interessanti case editrici in Spagna (OQO), Francia (Sarbacane, Rouergue, Milan), Svizzera (Bohem Press) e, naturalmente, Italia (Orecchio acerbo, Fatatrac e Logos). I suoi libri hanno ricevuto tre volte il premio per il migliore albo dell’anno pubblicato in Italia. All’estero hanno ottenuto numerosi riconoscimenti e selezioni quali il secondo premio "Mejor Editados" e il "Premios Visual" in Spagna, "White Ravens" in Germania, "Livres au trésor" e "Prix des Incorruptibles" in Francia, il "Prix Versele" in Belgio. Ha esposto in mostre personali al museo d’arte contemporanea di Santiago de Compostela e a Cognac e partecipato a mostre collettive in Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Iran, Giappone, Cina e Corea. Tra queste la "Mostra degli Illustratori" della Fiera di Bologna nel 2005, 2006, 2007, 2008, "Le Immagini della Fantasia" di Sarmede nel 2006, 2007 e 2008 e "Ilustrarte", in Portogallo, nel 2007. Sempre nel 2007 ha rappresentato l’Italia alla "BIB, Biennale di Illustrazione di Bratislava". Nel 2009 ha curato la direzione artistica di un cortometraggio tratto dal suo libro “Ojobrusco”. Dal 2007 tiene master, corsi e laboratori d’illustrazione con adulti e bambini in Italia, Francia e Spagna. Attualmente vive a Cesky Krumlov in Repubblica Ceca. Fra i numerosi libri che ha illustrato, ricordiamo nel catalogo di orecchio acerbo: Mio padre, il grande pirata (2013), Il grande cavallo blu di Irène Cohen-Janca (2012), Janet la storta di R. L. Stevenson (2012), Effetti collaterali (2011), L'autobus di Rosa di Fabrizio Silei (2011), L'albero di Anne di Irène Cohen-Janca (2010), Toni Mannaro di Manuela Salvi (2006) e Babau cerca casa (2005), il suo libro di esordio nel mondo della letteratura per l’infanzia.


Davide Calì   © Gianni Ansaldi


Davide Calì è nato in Svizzera, a Liestal, il 5 febbraio 1972 ed è cresciuto in Italia. Fumettista, illustratore e scrittore, la sua carriera è iniziata collaborando con diverse fanzine (tra cui "IL CUORE" e "TANK GIRL") e lavorando stabilmente per "Linus" come autore e disegnatore di fumetti dal 1994 al 2008.
Ha iniziato a scrivere libri per bambini nel 1998.  


Scrittori si nasce o si diventa? Ci racconti come è iniziata? 

Io lo sono diventato. Fin da bambino volevo fare i fumetti. Al massimo i cartoni animati. Quando ci sono riuscito per qualche anno ho fatto il fumettista, poi da un lato con il mio stile non avevo abbastanza lavoro dall’altro mi sono lasciato incuriosire dai libri per bambini che conoscevo piuttosto bene per aver passato il servizio civile in una biblioteca specializzata per bambini e poi circa un anno nella redazione di una rivista che recensiva letteratura per l’infanzia.
A raccontare tutta la verità la prima volta che mi hanno chiesto di fare libri per bambini sono inorridito. Mi piacevano molti autori/illustratori per l’infanzia ma io ero un fumettista!
Dopo un po’ è successo qualcosa. Credo sia stata soprattutto una mostra a convincermi che potevo fare libri per bambini. Era una selezione di album francesi che girava con il contributo del ministero francese della cultura. Lì ho scoperto che ai bambini si poteva raccontare anche storie assurde e che alcune cose che avevo in testa e che mi sembrano piuttosto informi (e che comunque non erano fumetti), beh, erano già libri per bambini. Attraverso quella mostra ho scoperto una nuova vocazione e diversi degli editori con cui, in seguito, avrei cercato di lavorare. ["DAVIDE CALì: IL MESTIERE DI SCRIVERE PER BAMBINI" intervista di Anna Castagnoli per Le figure dei libri, potete continuare a leggerla qui]


I suoi libri e fumetti, ormai oltre una sessantina di titoli in poco più di dieci anni, sono pubblicati in Francia (da Sarbacane, Actes Sud, Thierry Magnier, Gulf Stream, Trimestre/Oskar, Nobi-Nob e iMichel Lagarde Editions), Italia (Zoolibri, Kite Edizioni, Orecchio acerbo editore, ma suoi titoli li trovate anche pubblicati in Arka, Emme Edizioni, EL, Fatatrac, Terre di mezzo, Einaudi Ragazzi, Artebambini), in Portogallo (Bruua, Planeta Tangerina), Austria (Annette Betz Verlag) e Argentina (Pequeno Editor).


Davide Calì/Evelyn Daviddi,
Mi piace il cioccolato,
Zoolibri, Reggio Emilia, 2001/2009


Con lo pseudonimo di Taro Miyazawa nel 2009 ha scritto Le Premier jour de classe, illustrato da Nodar (Arnaud Boutin) e pubblicato da Michel Lagard (Francia); con quello di Daikon ha pubblicato sul blog la vie hors du Paradis la serie Adam (&Ève): La vie hors du Paradis, con i disegni di Bob (Yannick Robert), apparsa sulle riviste "L'echo des savanes" (2009) e "Fluide Glacial" (2013).

I suoi titoli, tradotti in oltre trenta paesi, hanno vinto numerosi premi in Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Germania. Nel 2005 è stato insignito del prestigioso "Prix Baobab" per Moi j'attends... con le illustrazioni di Serge Bloch. Diverse compagnie in Francia e Belgio hanno adattato suoi testi (L’ennemi, Moi j’attends...) per il teatro ragazzi. 

I suoi fumetti per bambini escono regolarmente sul mensile "Mes Premiers J’aime lire" e quelli per adulti su "Fluide G".


Davide Calì Serge Bloch, Moi J'attends...,
Editions Sarbacane, Paris, 2005
Io attendo, trad. G. Lughi, Emme Edizioni, 2006


Davide Calì/Serge Bloch, L'ennemi,
Editions Sarbacane, Paris, 2007




Da anni cura corsi di fumetto per ragazzi e laboratori di scrittura rivolti agli aspiranti autori di libri per bambini (potete seguire qui un suo interessante corso on line in otto puntate + Conclusioni sul blog Le figure dei libri).


Da parecchi anni tengo corsi di scrittura e credo di aver cominciato, fin dal primo, ogni corso con questa frase: “Non so se si può insegnare a scrivere. Però so che si può imparare.” Ne sono convinto e sono convinto che i corsi possano essere utili, ma non sono indispensabili. L’utilità principale dei corsi consiste nel fatto che si è obbligati a scrivere, a sforzarsi, a dedicarsi a qualcosa senza rimandare come magari si fa quando si è da soli. Scrivere infatti, almeno all’inizio, è soprattutto una questione di autodisciplina e di forma mentale. Tanti mi dicono di non trovare il tempo o lo spazio per scrivere, perché lavorano e hanno molti impegni. In parte è vero, ma in parte si tratta di trovare una forma mentale che ti consenta di scrivere sempre. L’immaginario collettivo ci propone spesso lo scrittore in posa estatica sotto gli alberi del suo giardino all’inglese circondato di conigli e gatti. Non escludo che esista, ma perlopiù gli scrittori stanno davanti al computer e scrivono ovunque: in treno, in aeroporto, a letto. All’inizio scrivere deve essere un esercizio continuo. E’ come mandare in palestra la fantasia. In seguito, si può anche ridurre il ritmo. ["DAVIDE CALì: SCRIVERE PER BAMBINI. PUNTATA 1", Le figure dei libricit.]


Collabora con il MiMaster di Illustrazione Editoriale, Ars in Fabula di Macerata, Istituto europeo di design IED di Torino e Atelier di Padova. Alcune riflessioni circa l’attività di composizione di storie dedicate ai bambini si ritrovano nel suo manuale per insegnanti e formatori Scrivere e fare fumetti con i bambini. Come sviluppare la scrittura creativa, illustrare e fumettare storie (Sonda, 2002), dove Calì propone molteplici meccanismi narrativi con cui sperimentare la costruzione di nuove storie e tratteggia fasi e modalità di realizzazione di un fumetto. Calì è stato anche l’ideatore di Cari autori, vediamoci chiaro, un’opera collettiva rivolta agli apprendisti autori e illustratori realizzata in collaborazione con molti professionisti dell’editoria, successivamente prodotta da Zoolibri/Delicatessen e distribuita gratuitamente.

Negli ultimi anni ha realizzato diverse mostre web. Come curatore ha organizzato decine di mostre, come illustratore e fumettista ha esposto in una trentina di collettive e in una dozzina di personali. 

Scrive e cura progetti sul magazine online "Frizzifrizzi", tra gli ultimi Bad seeds. Dai semi cattivi crescono le mele marce con Debbie Bibo (consulente editoriale, book packager, agente di autori/illustratori di libri per ragazzi, editor/socia fondatrice della casa editrice Lazy Dog Press) di cui oggi pochi giorni fa è stata pubblicata la 6#.

Abbiamo conosciuto Davide Calì attraverso gli articoli che ha scritto per Frizzifrizzi: da quando ha iniziato a collaborare con noi, esordendo con le sue provocatorie 10 buone ragioni per smettere di fare l’illustratore, ha lanciato proposte da vero sognatore, ha dispensato consigli su come presentare i propri lavori durante le fiere, ha raccontato i suoi viaggi ed ha affrontato temi scottanti come la collaborazione con le case editrici, il lavorare senza budget, il sessismo nei libri per bambini, scatenando sempre vivaci discussioni. ["INTERVISTA A DAVIDE CALI. QUATTRO LIBRI IN USCITA E TANTO DA RACCONTARE" di Ethel Margutti per Frizzifrizzi, potete continuare a leggerla qui]

E ancora, Davide Calì, in collaborazione con Kite edizioni, ha ideato il Concorso Best Book 2013, che permetterà a un illustratore/illustratrice di lavorare come un vero professionista, cioè di pubblicare un libro (con testo di Davide) con un contratto vero e proprio con la casa editrice e con tanto di anticipo e royalties.
Potete leggere, sempre su "Frizzifrizzi", l’intervista fatta a Davide da Ethel Margutti per capire come fare per partecipare.





Come avete letto, Davide Calì è uno degli autori più prolifici, curiosi e interessanti del panorama della letteratura internazionale per ragazzi. Il suo primo libro che ho avuto tra le mani, e su cui posso dire di aver lavorato, è stato Piano Piano illustrato da Éric Heliot (Sarbacane, 2005) che si aggiudicò una menzione nella sezione speciale Word and Music del "BolognaRagazzi Award 2006", istituita in occasione dell'anniversario mozartiano. Il libro fu poi protagonista della mostra "Le parole e le note" organizzata nell'ambito della rassegna Fieri di leggere dello stesso anno, presso il Museo Internazionale e biblioteca della Musica di Bologna, curata dalla Giannino Stoppani Cooperativa Culturale.


Davide Calì/Éric Heliot, Piano Piano,
éditions Sarbacane, Paris, 2005

Davide Calì/Éric Heliot, Piano Piano,
éditions Sarbacane, Paris, 2005


Tra le cose che mi piacciono, che ho seguito con piacere, del lavoro di Davidè Calì, che prima di tutto è un grande narratore, è l'intenzione di depistare il lettore, e con felicità "gli addetti ai lavori", di rimanere fuori dagli schemi che vuol dire anche dal solito giro, il desiderio di poter raccontare ciò che gli va, che spesso sono concetti complessi, anche ai bambini e il saperlo fare, insieme a quel raro "duro lavoro" a vedersi (di cui lucidamente parlava Lionni in riferimento alle sue opere dedicate all'infanzia) e a una ricerca letteraria fuori dall'accademia e mai ostentata, con mia profonda gratitudine, da ritrovare nei molti riferimenti disseminati nei suoi testi, nelle sue figure.

Io, Qinuq, La regina delle rane non può bagnarsi i piedi e Mio padre, il grande pirata, gli ultimi suoi titoli pubblicati negli ultimi mesi in Italia,  sono tre esempi felici di quanto penso dell'espressione artistica di Calì e, insieme, sono tre racconti che, come le storie, quelle vere, non iniziano e non finiscono tra i confini delle copertine, che se è una cosa, questa, che fa sempre la differenza, lo fa ancor di più per le letture dell'infanzia, quelle fondative che hanno bisogno di spaesamento e percezione mai definita, di lontane e libere visioni, quelle che decideranno se vorrai o meno continuare a cercare nel racconto degli altri uomini e delle altre donne, i segni per interpretare e fare il tuo.


Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013


Vi scrivo subito e senza indugio che ritengo Io, Qinuq un libro speciale.

E, dichiaro anche, subito e senza indugio, che sono una devota di Italo Calvino.
Le confesso perché sono cose che possono rivelarsi in qualche modo pericolose, per me ma soprattuto per l'autore, consapevole di quanto possa essere difficile entrare nel merito o, meglio, cercare di mettersi in dialogo, con il lavoro di altri senza snaturarlo, o rovinarlo in taluni casi, in qualche modo.

Come rete di protezione metterò qui le parole usate da Davide Calì a proposito del libro in questione:

La storia di Qinuq è una storia di immigrazione, nata da questa riflessione: quando lasci il tuo posto, che sia paese o città, per un altro paese o città, per un’altra regione o un’altra nazione, in qualche modo torni bambino: tutto ti stupisce e ti meraviglia, tutto ti affascina. Questo è il lato positivo e piacevole dell’incontrare qualcosa di nuovo.
Poi, inevitabilmente però, vedi cose e persone che non capisci, scopri somiglianze che talvolta ti confondono e scopri la nostalgia per ciò che hai lasciato, per ciò che hai perso, che prima, quando ce lo avevi, non ti sembrava così bello.


Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013


La casa editrice, nel presentare il libro, scrive: «Qinuq è un piccolo extraterrestre appena atterrato sulla Terra. Scopre e confronta con gioia e sorpresa le risorse, le ricchezze e le contraddizioni del nostro mondo. Tutto è nuovo e molto diverso da Qinoq, il suo pianeta silenzioso e scuro, dove non ci sono né acqua, né caldo e dove gli abitanti ridono ma non parlano. Ma sarà proprio grazie a questo distacco - allontanarsi dalla propria terra e scoprire un'altra realtà - che Qinuq si renderà conto dell'importanza del suo pianeta, della sua casa, delle sue radici. Senza dimenticare da dove viene, Qinuq imparerà un nuovo linguaggio che gli permetterà di integrarsi e di apprendere le regole di questo nuovo mondo».


Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013



La storia di Qinuq, seppur qui raccontata in modo semplice e fortificata con intelligente sapienza dalle illustrazioni in collage di Leire Salaberria che la rendono particolarmente adatta anche ai lettori più piccoli permettendogli, attraverso la scelta dello stile e dell'uso del colore, di entrare subito nella storia, è quella della solitudine che avvolge ogni migrante, in fondo tutti noi, sempre un po' extraterrestri quando tentiamo di definire la nostra identità in modo autentico, in questo mondo. È il prezzo della nostra unicità, il suo valore inestimabile, che ci rende tutti migranti, nel senso profondo dell'essere, per sesso, per età, per luogo di provenienza, per etnia, per credenze, momenti di vita, per ciò che ci capita, in qualche modo e fortunatamente per tutta la vita, che ci rendi soli finché non troviamo il modo, finché non impariamo quella lingua che, di volta in volta, ci permetterà di comunicare e condividere con gli altri ciò che siamo, ciò che sono loro, ciò che vediamo e cerchiamo di capire del mondo.


Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013


Fin ad allora, ci sentiremo sempre un "a parte" di qualcosa di più grande di noi, e sarà la nostalgia (per il pianeta Qinoq, per la stella di Bez, per il choz caldo, per il buio-nero che forse è lo stesso buio pesto che ospitava il vecchio Qfwfq di Calvino quando era bambino, come per un altro bambino extraterrestre la nostalgia fu quella per i quarantatrè tramonti),  la trepidazione per gli affetti che aspettiamo o le preoccupazione per quelli che ci attendono nella nostra prima casa (come, sempre per quel bambino, fu per la rosa),  le luci e le ombre che ci accompagneranno verso il nuovo futuro.


Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013

Davide Calì/Leire Salaberria, Io, Qinuq,
Kite Edizioni, Padova, 2013


Anche gli altri però avevano i loro torti verso gli Z'zu, a cominciare da quella definizione di «immigrati», basata sulla pretesa che, mentre gli altri erano lì da prima, loro fossero venuti dopo. Che questo fosse un pregiudizio senza fondamento, mi par chiaro, dato che non esisteva né un prima né un dopo né un altrove da cui immigrare, ma c'era chi sosteneva che il concetto di «immigrato» poteva esser inteso allo stato puro, cioè indipendentemente dallo spazio e dal tempo. Era una mentalità, diciamolo, ristretta, quella che avevamo allora, meschina. Colpa dell'ambiente in cui ci eravamo formati. Una mentalità che è rimasta in fondo a tutti noi, badate: continua a saltar fuori ancor oggi, se per caso due di noi s'incontrano - alla fermata d'un autobus, in un cinema, in un congresso internazionale di dentisti -, e si mettono a ricordare di allora. Italo Calvino, "Tutto in un giorno, Le Cosmicomiche, Einaudi, Torino, 1965.


Di Qinuq, della sua identità, non sappiamo quasi nulla, l'autore ci fornisce solo alcuni lampi di memoria per tracciarlo e l'illustratrice, forse non a caso, ha scelto di definirlo con un tratto così morbido da farlo apparire quasi amorfo. Come non trovare anche qui, la memoria (un omaggio?) di Qfwfq, il protagonista de Le Cosmicomiche, dunque, la cui privazione di una vera identità da parte dell'autore diviene risorsa della forza visionaria del racconto: Qfwfq pare sia sempre esistito (si potrebbe dire che ha l'età dell'universo), non viene mai descritto con una fisionomia precisa, non si sa da dove provenga esattamente, per quale motivo sia arrivato lì. Nonostante e forse per questo, Qfwfq  diventa in ogni circostanza il testimone di ogni racconto, una voce, un punto di vista, un occhio (o un ammicco) umano proiettato sulla realtà d'un mondo che pare sempre più refrattario alla parola e all'immagine, il protagonista indiscusso, sempre diverso dagli altri, spaesato in modo folle e liberatorio, di una delle più grandi opere di Italo Calvino, che migrante lo è stato sin dalla nascita, nel senso più profondo e intimo del termine, per vissuto, poetica, per deliberata scelta di appartenenza culturale, pur non dimenticando mai chi fosse, quali esperienze lo avessero formato e da dove proveniva.

Sarebbe piaciuta a Calvino, ma di sicuro anche a Gianni Rodari, anche La regina delle rane non può bagnarsi i piedi, un libro anche questo per tutti, come sono i migliori libri della letteratura per l'infanzia, di partenza però rivolto ai bambini un po' più grandi (uscito nel 2012 con il titolo A rainha das rãs não pode molhar os pés per la casa editrice portoghese, Bruaà editorache è un incontro perfetto tra la favola sul potere, e la sua capacità di trasformare le cose e le persone, di Davide Calì e le tavole dal sapore liberty di Marco Somà, alla prese con la sua seconda opera, un distillato di bravura, illustrazioni che donano al racconto quella complessa terza dimensione che altro non che quell'atmosfera che non si può trovare al di fuori di quelle pagine, se non nel ricordo di chi, quei libri come questo, baciati da tanta fortuna, ha potuto leggerli.


Ne La regina delle rane non può bagnarsi i piedi Marco Somà ha fatto un lavoro eccezionale ed un'enorme ricerca.
Marco mi ha decisamente sorpreso in questo lavoro. Quando gli ho passato la storia siamo rimasti d’accordo che avrebbe fatto uno storyboard, ma dopo qualche mese ancora non avevo ricevuto nulla. Così gli ho riscritto per capire a che punto era e mi ha detto che era in difficoltà con lo storyboard, però aveva fatto alcune tavole.
Le “alcune tavole” erano, praticamente l’intero libro ed erano quelle che vedete nell’album. Tutto quello che vedete quindi, l’abbigliamento, le architetture, l’art déco che riempie le tavole, sono il frutto della sua ricerca. Sono rimasto davvero sorpreso: avevo visto il suo lavoro e mi aspettavo un bel libro, Marco invece ha fatto un lavoro eccezionale, trasformando il progetto in un autentico capolavoro! ["INTERVISTA A DAVIDE CALI. QUATTRO LIBRI IN USCITA E TANTO DA RACCONTARE", "Frizzifrizzi", cit.]




Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013

C'era una volta uno stagno dove le rane dormicchiavano, cacciavano e ogni sera, all'ora del tramonto, cantavano insieme. 

Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013


Un giorno, qualcosa cadde nello stagno e la prima rana che riuscì a scovarlo si ritrovò con una corona in testa. 

Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013

Presto divenne regina: non poté più bagnarsi le zampe né cacciare le mosche e si piazzò su una grande foglia in compagnia dei suoi lacché. In breve le rane dovettero servirla e smisero di cantare. 

Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013

Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013

Qualcosa le rane dovevano pur farlo, improvvisamente l'armonia del loro stagno era stata travolta da una rigida monarchia che, per altro, loro stesse avevano contribuito a creare.
Venne loro in soccorso l'eccezionale esibizione di tuffi, al quale, la più grande tuffatrice dello stagno, non poté esimersi dal partecipare...
e fu così che emergendo dall'acqua,
inconsapevole, portò con sé la più semplice e migliore delle soluzioni...

Davide Calì/Marco Somà,
La regina delle rane non può bagnarsi i piedi,
Kite Edizioni, Padova, 2013


La portata del tema del libro, in tutte le sue declinazioni, è di quelle indubbiamente universali e la voce della favola ben si presta ad affrontarla nel modo più appropriato  per i bambini. Siamo qui nella letteratura di genere, quella prima, dove Calì dimostra di abitarci del tutto a suo agio, mantenendosi pericolosamente in equilibrio tra le pagine, senza cedere alla tentazione di esplicitare la morale, così come deve essere nella favola contemporanea, pur cogliendo tuttavia in ogni parola la sua ferma convinzione che «il potere guasta le persone a cominciare dal piccolo, dalla scuola, dal quartiere, a dire il vero senza bisogno di scomodare re e regine».
Mio padre, il grande pirata, in un certo senso è il precipitato dei temi degli altri due libri, una storia di emigrazione qui alla ricerca di quel lavoro che il potere, anche economico, ieri come oggi, ogni tanto decide di non riconoscere più come diritto delle persone.

Qui, al fianco di Calì, c'è Maurizio A.C. Quarello, per narrare un racconto che eleva la storia personale dei protagonisti a quella di tutti gli uomini.

Una storia di emigrazione, dunque, ma anche di lavoro, di orgoglio, di amicizia, di solidarietà che prende spunto dal passato - dal tragico evento che coinvolse la città di Marcinelle, in Belgio, dove la mattina dell'8 agosto del 1956 in una miniera di carbone, la Bois du Cazier, un incidente provocò la morte di 262 uomini sui 274 presenti nella miniera, il terzo disastro per numero di vittime nella storia dei minatori italiani emigrati (136), dopo quello di Monongah e di Dawson - arriva a raccontare molto altro, insieme, non facendoci dimenticare di quanto la realtà narrata si ancora oggi così viva, anche nel nostro Paese.


In qualche modo il libro è il prodotto di un altro libro, inedito, che scrissi anni fa intervistando i miei genitori. Lo scrissi per non perdere la memoria di famiglia del loro viaggio da emigranti, che mi avevano raccontato centinaia di volte da bambino ma il cui ricordo cominciava a scolorire [... sono nato in Svizzera perché i miei genitori erano emigrati per cercare lavoro. Mio padre però non era un minatore, ma un muratore. Mia madre lavorava in una fabbrica]. Ascoltando le risposte alla mia intervista mi resi conto di che coraggio avessero avuto nell’affrontare il viaggio: mia madre era ancora minorenne quando partì per la Svizzera tedesca, praticamente al confine con la Germania, senza sapere una parola di tedesco. In Svizzera nevicava sei mesi l’anno e a Sassari aveva visto la neve solo una volta in vita sua. Nemmeno se lo immaginava che potesse fare così freddo. Mio padre partì da un paesino della provincia di Catania e non parlava nemmeno l’Italiano: passò direttamente dal dialetto al tedesco, imparato sui ponteggi mentre lavorava. 
Mio padre fino a qualche anno fa si preoccupava se prendevo l’aereo per Parigi o anche solo se andavo a Modena in treno. E lui quando è partito non sapeva niente, non aveva visto niente. Non era mai uscito dal paese, se non per andare a lavorare, fin da bambino, facendo 10 chilometri a piedi. Ho pensato spesso che per avere lo stesso senso di spaesamento che può aver trovato arrivando in un posto mai visto, la nostra generazione dovrebbe andare su Giove: voglio dire, siamo cresciuti studiando la geografia, andiamo nei posti sapendo cosa aspettarci. Lui ha preso un treno perché gli hanno detto che dall’altra parte c’era del lavoro. Non sapeva niente.
La storia del papà pirata è un po' la versione romanzata di quello che ho raccolto nelle interviste. L’immaginario della miniera mi piaceva e come documentazione ho fatto una ricerca minima — sulle misure, su come dormivano i minatori — per non commettere errori grossolani, ma poi la maggior parte della storia è basata sui sentimenti più che sul racconto della miniera. ["INTERVISTA A DAVIDE CALI. QUATTRO LIBRI IN USCITA E TANTO DA RACCONTARE", "Frizzifrizzi"cit.]


Ed ecco che la figura del padre prende forma, negli occhi innamorati di un bambino che, una sola volta l'anno, attende il suo ritorno dalla miniera insieme a regali di mare e racconti di tesori perduti e avventure. 


Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013

Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013



Suo figlio lo crede un pirata, un grande pirata, che guida una nave chiamata Speranza. 
E chi, se non la ciurma, possono essere Tabacco, Turco, Libeccio, Barbuto, e anche il pappagallo Centolire, di cui parla sempre il papà? 


Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013


 Sarà solo dopo un incidente in miniera che il bambino capirà la verità. Un lungo viaggio in treno verso il Belgio, e poi l'ospedale in cui ritroverà il padre ferito. E insieme una grande delusione: suo padre gli ha sempre mentito. 
Per fortuna è salvo, ma il grande pirata non c'è più.

Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013

Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013



Alcuni anni dopo, un altro telegramma: la miniera chiude. Altro treno, altro viaggio, stessa destinazione. E, per il bambino - diventato ragazzo - la scoperta: Tabacco, Turco, Libeccio e Barbuto esistono davvero, sono i vecchi compagni del viaggio che il padre ha voluto nascondergli, e Speranza è il nome che campeggia all'ingresso della miniera. Nera come il carbone, allora il ragazzo issa sul traliccio più alto la bandiera della pirateria. 

Davide Calì/Maurizio A.C. Quarello,
Mio padre, il grande pirata,
Orecchio acerbo editore, Roma, 2013


Gli emigranti sono stati, per molte famiglie, i primi viaggiatori, i primi esploratori del mondo. Quasi raminghi, impauriti, novelli cercatori d'oro che potevano contare solo su loro stessi, sulla resistenza, e forse meglio la resilienza, dei loro corpi.

Leggendo questo libro mi sono tornate in mente due pensieri che Erri De Luca ha scritto nel libro Il peso della farfalla (Feltrinelli, 2009):

«In ogni specie sono i solitari a tentare nuove esperienze. 
Sono una quota sperimentale che va alla deriva. 
Dietro di loro la traccia aperta si chiude.»

I«Nelle imprese la grandezza sta nell'avere in mente tutt'altro


Ed è da qui che scelgo di raccontare questo libro, del valore della metastoria che vi viene narrata, di ciò che di costante e duraturo permane oltre i mutamenti contingenti della storia.

Un vero viaggiatore sa sempre come congedarsi: con una buona storia, che sia una puntata di attesa per il racconto che continuerà al ritorno.

Come fa qui, il papà pirata del sottosuolo.

Come qui fanno Davide Calì e Maurizio A.C. Quarello che, mentre sembra illustrare il racconto, senza forzatura alcuna, passo a passo scandendone il ritmo della memoria, rispettandone ogni sfumatura e declinazione, in realtà apre veri e propri squarci pittorici tra le pagine, gli stessi che si sono aperti nelle mente e nella vita di quel bambino a causa, e grazie, a quel padre distante e imprendibile, squarci dove il lettore può scivolare dentro e rimanerci tutto il tempo che desidera perché lì, qualcosa che ci appartiene c'è per tutti noi figli.

Ma che cosa è la Storia degli uomini, un insieme di circostanze in fondo, se non un lungo racconto fatto di un'infinità di episodi, che a loro volta possono scomporsi fino a divenire atomi narrativi densi di senso: le memorie personali, quelle che prima di divenire collettive, entrano in noi affettivamente per rimanervi per sempre.

Non è possibile partecipare ad alcuna visione del mondo se non si parte da un sguardo personale; non è possibile raccontare nulla che sia significativo se non si parte da un preciso punto di vista capace di illuminare quello sguardo e farlo uscire dall'ordinarietà.

Un preciso punto di vista unico, così forte da muovere l'immaginazione di chi ascolta e legge il racconto, che possa fargli dire, dopo la parola fine, "io lì ci sono stato ed ora non sarà, non sarò, più come prima".

In questo senso, e per tutto ciò che non ho scritto di ciò che è viene raccontato ma è così evidente, Mio padre, il grande pirata, è un libro perfetto per i bambini, per i ragazzi, per un buon lettore che, in fondo, è sempre un buon viaggiatore.


Dovremo attendere l'autunno, invece, per vedere sugli scaffali delle nostre librerie,  Polline, il prossimo libro di Davide Calì illustrato da Monica Barengo, in uscita sempre per i tipi di Kite edizioni.


«Dovresti amare solo per amore, né per dare qualcosa né per essere ricambiata. Dovresti godere di ciò che hai, non di ciò che ottieni». 
© Davide Calì, Polline, Kite Edizioni, ottobre 2013


Ho scritto diversi libri sul tema dell’amore. È probabilmente uno dei temi più ricorrenti nei miei libri, ma non so se posso dire di avere una visione sull’amore. Come dico sempre ai bambini che incontro nelle classi e che chiedono la risposta alla domanda Che cos’è l’amore? — titolo di un mio libro uscito per Sarbacane, tradotto in Italia da Arka con le illustrazione di Anna Laura Cantone — penso che l’amore sia un grande mistero.
E non scherzo!
Quando pensi di aver capito qualcosa, ti sbagli di grosso perché in amore, sei sempre al primo giorno di scuola.
Forse per questo, ogni volta che scrivo un libro sull’amore mi dico: questo è l’ultimo, e poi immancabilmente dopo qualche mese me ne viene in mente un altro. L’amore è un tema pieno di risvolti. ["INTERVISTA A DAVIDE CALI. QUATTRO LIBRI IN USCITA E TANTO DA RACCONTARE", "Frizzifrizzi"cit.]


Davide Calì/Monica Barengo,
Polline,
un'immagine del libro in uscita per Kite Edizioni
(a metà ottobre 2013)


Il senso profondo della storia raccontata in Polline è l’accettazione del fatto che l’amore finisce ma non muore, semplicemente rinasce altrove, un tema complesso, da pensare, da capire, da spiegare, sia per i bambini che per gli adulti.  Sarà il primo titolo di una quadrilogia già completamente scritta dall'autore, sapendo di valicare forse in modo definitivo il confine tra l’album illustrato per bambini e il libro per adulti. Non aspettatevi però di vederla pubblicata nel modo tradizionale perché si tratta più un progetto dell'autore che editoriale. Uscirà, infatti, con le tavole di quattro illustratori diversi, e forse neanche con lo stesso autore.

Monica Barengo fa parte dei 12 giovani illustratori da tenere d'occhio nel 2013 proposti da Davidé Calì, che di lei scrive:

È giovanissima, ma ha talento da vendere. Nata a Torino nel 1990, si è guadagnata la selezione alla Mostra degli illustratori di Bologna 2012 qualche mese prima di diplomarsi allo IED di Torino con il voto massimo.
Il suo stile è già molto maturo, intenso e profondamente poetico. Al momento lavora al suo primo libro illustrato e a una graphic novel. Mentre aspettate di vedere entrambi date un’occhiata alle tavole di Floria sul suo blog. Io me ne sono innamorato subito [n.d.r. illustrazioni ispirate al testo di Laura Martinez Belli, Le due vite di Floria, Salani, 2013].


Floria@ Monica Barengo


I libri di Davide Calì, avete capito, mi piacciono, anche perché forse, in fondo o semplicemente, come fece qualcun altro prima di lui che chissà da quale minuscolo pianeta proveniva, un impalpabile nostalgico migrante che alla fine silenziosamente su quel pianeta vi è tornato, sono dedicati ai bambini, a tutti noi, ai bambini che siamo stati.



Davide Calì, Each to his own!,
App per Kite Edizioni, Padova, 2013

(la trovate qui)
Davide Calì, Each to his own!,
App per Kite Edizioni, Padova, 2013
Davide Calì, Each to his own!,
App per Kite Edizioni, Padova, 2013
Davide Calì, Each to his own!,
 App per Kite Edizioni, Padova, 2013
Davide Calì, Each to his own!,
App per  Kite Edizioni, Padova, 2013

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