lunedì 14 maggio 2012

NOTEBOOK BCBF 2012. L'ISOLA


Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

I libri di Marije e Ronald Tolman sono poesie. E come tali, e come Antonio Machado maestro di poesia popolare di "eterna umanità" voleva, risuonano dentro, "la loro musica risuona meglio negli spazi interiori".


Solo raccomando di non leggere mai i miei versi ad alta voce. Non sono fatti per essere recitati, ma perché le parole creino rappresentazioni. A. Machado, "Appunti" in Prose, a cura di O. Macrì, op. cit., p. 46 © tutti i diritti riservati

L'isola, appena uscito, e La casa sull'albero, il primo dei libri di Marije e Ronald Tolman vincitore del BolognaRagazzi Award 2010 nella sezione Fiction, sono in realtà silent book, opere di pure immagini o, come li traduciamo impropriamente noi per evidenza e necessità di veloce comprensione, libri senza parole.


Marije & Ronald Tolman, De boomhut/La casa sull'abero,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2009/2010
© 2010 Il Castello srl


E sì che la definizione silent book, evocativa e migliore della nostra non perfetta ma più rispettosa del volere delle immagini, è composta da due parole facili e di uso comune che potremmo conservare nella loro lingua originale. In particolare, silent non è termine di sottrazione ma è condizione possibile e privilegiata per il verificarsi di un orizzonte fuori dal coro. Silenzio, e i suoi derivati, sono esistenze che si manifestano in assenza di rumore e, nel nostro caso, al limite, in assenza di parole pronunciate ad alta voce non di parole tout court, quindi di pensiero, attività per altro impossibile da praticarsi davanti a uno stimolo visivo. Ma è anche vero che chi ha visto un bambino all'opera con un silent book, anche un adulto vi assicuro, sa che prima o poi di quelle pagine vi farà il suo racconto, i suoi racconti, ad alta voce. 

Siamo vittime di un duplice miraggio. Se guardiamo fuori e cerchiamo di penetrare le cose, il nostro mondo esterno perde in solidità, e finisce per dissiparsi quando arriviamo a credere che non esiste per se stesso ma per noi. Ma se, convinti della sua intima realtà, guardiamo dentro di noi, allora tutto ci sembra venire da fuori e chi svanisce è il nostro mondo interiore con noi stessi. Che fare allora? Tessere il filo che ci danno, sognare il nostro sogno, vivere; solo così potremo operare il miracolo della creazione. Un uomo attento a se stesso e che bada ad ascoltare soffoca l'unica voce che potrebbe ascoltare: la sua.
Antonio Machado, Prologo in Paginas escogidas, Madrid 1917 © tutti i diritti riservati

Allora forse silent sta proprio a indicare la necessità di eliminare i rumori di fondo e ascoltare, per prima, la propria voce che risuona dentro, che cerca le parole per interpretare i pensieri che un'altra voce silenziosa, quella dell'autore del book, gli ha consegnato. È l'attesa di un incontro mai definitivo che prende forma al voltar delle pagine. Qualcosa di meno del leggere un libro di sole parole? A mio avviso, certamente, solo qualcosa di diverso. Un dubbio si affaccia, a questo punto, e fa sembrare che il problema risieda nella nostra concezione di book, limitata a intenderlo tale solo se composto da parole, tanto da sottolinearne l'assenza nel nostro caso, ignorando quindi che, indipendentemente dai caratteri di Gutemberg, il libro è sempre una creatura che ci parla e che, in quanto tale, è generatore di quella conoscenza che arricchisce e dà forma all'esperienza nella nostra vita. 

Visto però che le parole non si scelgono a caso, anche quando lo si fa per necessità, la definizione "libri senza parole", in fondo, sembra tradire anche quando non è così, una sorta di dichiarazione di straordinarietà che però va a offuscare la convinzione che le immagini abbiano la stessa potenza nel penetrare, alimentare e forgiare il pensare e il sentire dell'essere umano.
Sembra una questione di lana caprina ma vi assicuro, dopo anni in cui dedico studio e lezioni a questi libri, che non è e non lo sarà finché non riusciremo a ridurre lo iato tra la il sentimento di meraviglia che provocano nel lettore di tutte le età qualora ne venga a conoscenza e la scarsa e difficile diffusione di queste opere nel nostro Paese. Non lo è e non lo sarà, finché non si verificherà una condizione culturale ineludibile: la capacità da parte degli adulti, educatori, degli insegnanti, di frequentare e praticare con abitudine l'universo simbolico tanto dell'arte quanto delle narrazioni, insostituibili l'uno all'altro, e di utilizzare la pratica della rêverie come pratica di autoformazione, l'unica che permette il disegno originale, razionale sentimentale ed emotivo, della nostra identità nella realtà complessa mondo.

Ciascuno compie un'esperienza di rêverie quando riesce a guardare un'opera d'arte, o accostarsi a qualsiasi testo, come se lo stesse ri-creando in quel momento, reinventandone senso, significato, funzione.
La rêverie come, la formulò Bachelard, è la capacità di stimolare e accogliere come attendibili e autentici i contenuti della fantasticheria e del sogno a occhi aperti, soprattutto quando questi sono generati dall'incontro con suggestioni estetiche, con l'arte, la poesia ma anche con fenomeni naturali, con suggestioni desunte dall'esperienza quotidiana (Gastone Bachelard, La poetica della rêverie, 1969 - Edizioni Dedalo, Bari, 2008 in Marco Dallari, La dimensione estetica della Paideia, Edizioni Erickson, Trento, 2005 ).

Si tratta, dunque, di imparare a riconoscere e a promuovere la dimensione estetica della conoscenza, di favorire un'educazione interiore che si alimenti delle suggestioni che provengono dall'universo sensibile oltre che razionale.

Ma perché questo possa realizzarsi, deve verificarsi una condizione precisa, quella che Gillo Dorfles definiva diàstema o intervallo perduto cioè la necessità di riprenderci, nel nostro rapporto con il mondo, tutto il tempo e il silenzio che ci occorre, di riscoprire la linea di confine sulla quale possiamo fare nostra, interiormente, la cosa che contempliamo senza perderci in essa, ma diventando capaci di superare il limite di un rapporto esclusivamente razionale, funzionale, convenzionale e comunque emotivamente impoverito con l'alterità (Gillo Dorfles, L'intervallo perduto, Einaudi, Torino, 1964).
Non è dunque ciò che facciamo abitualmente, quel senso di incantamento che proviamo, di fronte a un quadro o a un paesaggio? 
Ecco allora, alla luce di tutto questo, che la definizione silent book, quale opera d'arte come può dirsi per un numero considerevole di essi, può riacquistare senso e significato e quindi diviene di nuovo altamente preferibile a quella di "libri senza parole" che ne esce con evidenza ancor più impoverita.

Opere d'arte, dunque, come fu per La casa sull'albero e com'è per L'isola che qui vi presento, nata dal pensiero e per mano rispettivamente delle incisioni di Ronald Tolman, scultore, pittore e incisore olandese di grandissimo valore, e delle illustrazioni di sua figlia Marije, prolifica autrice di libri per bambini di rilevanza internazionale.

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

L'isola, non a caso come La casa sull'albero "esempio poetico, limpido, assai sapiente, di come oggi un grande topos dell’immaginario possa essere ancora una volta rivisitato con nuovi argomenti che ne ribadiscono la grande rilevanza culturale" come si legge nella motivazione della giuria del BRAW 2010, è il luogo dell'altrove da cui è possibile un sempre e rinnovato sguardo sulle cose e sul mondo. 
Luogo di approdo di attese di ripartenze.
E su questa isola scende, scende da un'esile scaletta, un lieve orso bianco, il protagonista quasi metafisico di questa storia di sempre differenti visioni che cambiano sotto gli occhi del lettore al cambiar di isola a ogni pagina, in un perfetto equilibrio ritmico che ne sottolinea il continuo movimento emotivo, come nell'allestimento perfetto di una galleria di quadri di una mostra a tema.
Questo il soggetto di una sceneggiatura dal sapore filosofico che nella stilizzazione poetica e limpida delle figure degli autori si eleva fino ad assumere una grande pregnanza simbolica, una nuova capacità di significazione, in  grado, come nelle intenzione di Ronald e Marije, di suscitare nei lettori, nello stesso lettore, molteplici interpretazioni.


Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl
L'incontro con la natura, la gioia dell'avventura, della scoperta, sono temi fondamentali di tutta l'opera di Ronald Tolman segnata da continui riferimenti alla letteratura e ai temi classici della storia dell'arte e della grafica che l'artista desidera, in ogni modo, condividere con chi si avvicina al suo lavoro nell'intento di rendere l'arte sempre più accessibile fino a farne inesauribile forma di ispirazione e consolazione per l'essere umano.
Per questo i suoi libri con Marije, intessono un continuo dialogo tra passato, presente e futuro, un dialogo fatto di ricordi e sensazioni che viene tramadato nel tempo, la memoria di una natura, del farsi di un pensiero, che tutto ricorda e trasforma.
Sono preziosi creazioni per canti con voce propria ai quali sarebbe un vero peccato dover rinunciare per sola mancanza di conoscenza.

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl
Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

Ha l'uomo quattro cose 
che non servono nel mare: 
ancora, timone e remi, 
e paura di naufragare. 
Antonio Machado, Tutte le poesie epe prose scelte, Mondadori,
a cura di G. Caravaggi,  "I Meridiani", Milano, 2010
© tutti i diritti riservati

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

Le immagini tratte da L'isola e La casa sull'albero sono state pubblicate per gentile concessione della casa editrice © Il Castello srl e rispettivi autori. Per gli altri materiali si faccia riferimento alle fonti e al © Copyright indicati sotto ciascuno di essi.

martedì 8 maggio 2012

MAURICE NEL PAESE DEI MOSTRI SELVAGGI


Maurice Sendak, Where The Wild Things Are, Harper & Row, New York, 1963
Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri, Milano, 1999

© tutti i diritti riservati

Non scrivo per i bambini. Non scrivo per gli adulti. Scrivo e basta.
Maurice Sendak © tutti i diritti riservati

Dopo ottantrè anni di vita, e cinquantanove di preziosi e indimenticabili doni, Maurice Sendak si è spento nell'ospedale di Danbury nel Connecticut, a causa di complicazioni subentrate dopo un attacco di cuore (The New York Times).

Maurice Sendak è stato considerato il più grande autore di letteratura per l'infanzia del XX secolo. E lo è stato per così tanti motivi e in modo così unico che una sola frase torna oggi come un'eco alla mente, un pensiero dedicato a un altro autore immenso, quello che il 14 aprile del 1980 Italo Calvino scrisse dolorosamente per l'amico Gianni Rodari e che, anche in questa circostanza, ci fa sussurrare, come ospiti inattesi e addolorati nella terra dei grandi, quelle parole prese a prestito semplici e sempre perentorie: "Sendak è morto, il mondo si è impoverito".
Senza Sendak, ora esisterebbe un enorme vuoto nella letteratura per i bambini americana (e, in realtà, internazionale). Si può solo tentare di immaginare quale sarebbe il panorama della letteratura per l'infanzia senza le fantasie di Sendak e i personaggi e i luoghi al loro interno. Queste fantasie hanno squarciato la superficie relativamente imperturbabile della letteratura per bambini dell'America del dopoguerra, mandando i suoi personaggi - Rosie, Max, Mickey, Jennie, Ida - in viaggi nelle regioni della psiche che nessun libro per bambini aveva mai osato visitare prima.
John Cech, Angels and Wild Things: The Archetypal Poetics of Maurice Sendak, Pennsylvania State University, 1996 © tutti i diritti riservati

È difficile pensare di parlare di Maurice Sendak al passato, come lasciare che un evento terrestre decida di declinare il suo tempo? Lui che ha saputo mettere a fuoco una vista assoluta in grado di oltrepassare le stereotipate tranquillizzanti visioni dell'infanzia, che si è buttato con forza a inseguire il suo pensiero e a condurre il racconto di una vita in direzioni ostinate e contrarie, che ha accolto e protetto sotto il suo mantello le contraddittorie e indicibili emozioni dei bambini, che ha accompagnato in volo generazioni di adulti per osservare dall'alto la povertà di usurate consuetudini e la pochezza del buon senso comune. Lui che ci ha mostrato che, comunque vada, c'è sempre un indicibile altrove che ci appartiene e che tra i diritti imprescindibili dell'essere umano, piccolo o grande che sia, c'è di sicuro quello a una sfrenata, irrefrenabile, scatenata, liberatoria, ridda selvaggia.
Lui che alcuni mesi fa ci ha regalato Bumble-Hardy, il libro del congedo (qui in Gavroche) e che da consumato teatrante ci sorprenderà, a sipario ormai chiuso, con l'insperato ultimo bis,  il picture book postumo My Brother’s Book, un poema per parole e immagini dedicato al fratello maggiore Jack (uscirà per la HarperCollins Publishers il prossimo febbraio). 
Mr Sendak, dunque, il solo e l'irripetibile, una stella cometa a cui moltissimi di noi dovrebbero, prima di tutto e sopra ogni cosa, guardare pronunciando un profondo e sincero GRAZIE!


Maurice Sendak, Poster Print for The Horn Book, 1980
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Per i contributi e le immagini qui riportati si faccia riferimento alle fonti e al © Copyright indicati sotto ciascuno di essi.

mercoledì 2 maggio 2012

NOTEBOOK BCBF 2012. MANO FELICE DISEGNA...

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'acqua,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati
Parola e segno. Linguaggio e disegno. Meglio, segno e parola, disegno e linguaggio.
Questo è il nostro racconto. E, a onor del tempo, per me è ancora così, l'immagine è l'alfa e l'omega del mio pensiero. In mezzo, la parola. Ma non fatemi scegliere tra le due perché quelle che amo, in verità, sono le storie e, queste, non nascono mai in una solitudine estetica.
Ho un ricordo, prezioso e lucido, come fosse ora, che risale al primo giorno di scuola. Lì dopo che avvenne tutto lo straordinario che, bene o male, è toccato anche alla stragrande maggioranza di voi, la maestra ci fece fare un disegno libero, lasciate stare l'aggettivo, si usava abbastanza tempo fa... a scuola però si parlava ancora di disegno e non di elaborato, a volte forse era improprio ma quella parola aveva in sé la semplicità dell'annuncio inatteso di un naturale stato di grazia.
Quel giorno, due su tutti, di quei disegni, risplendettero ai miei occhi: quelli di Elisabetta G. (nome uguale mano diversa) e Daniele S., le loro opere brillavano di manifesta superiorità e fu così per le cinque classi delle elementari. Oh, non ho mai nutrito un briciolo di invidia nei loro confronti, ero solo sopraffatta dall'ammirazione e lo sono tuttora mentre li rivedo all'opera nella mia memoria. Anche oggi potrei stare a guardare, immobile, per ore e ore, un artista al lavoro...

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'aria,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati
Bene, dicevo, io disegnavo, sì spesso come tutti i bambini, ma il mio unico intento nel farlo era di riprodurre la magia di quelle immagini che mi avevano portata lontano nell'eco delle parole dei racconti di una nonna sorda che ci accompagnavano giorno e notte, nelle cornici dei quadri di casa, nelle trame delle stoffe e delle tappezzerie, sugli orli delle ceramiche, negli sguardi oltre i vetri delle finestre, nei silenzi di un nonno tornato da terre tragiche, nelle arie delle opere che improvvisati cantanti affettivi dell'800 ci sussurravano per addormentarci o nel resto delle note con cui mia sorella mi faceva condividere ogni ora del giorno, poi, sempre sempre sempre, nelle pagine dei libri più disparati, che potevi guardare e riguardare perché, benedette, ti aspettavano. Ogni cosa per me era, è ancora, pretesto per un momento di incanto. Nei miei disegni futuri, ho continuato a cercare quel momento indicibile, qualcuno l'ha visto e l'ha premiato, ma sapevo che mentiva perché io me ne intendevo di magia e l'avrei vista per prima se ci fosse stata. Non c'era punto. Come facevano dunque Elisabetta e Daniele, come fanno tutti gli artisti che con le figure e i segni incantano, parlano, toccano profondità, lambiscono le terre dell'oltre, io proprio non lo so. Oggi di questo segreto che non mi è stato svelato sono molto grata perché continuo a guardare le immagini, a stupirmi e trarne forte godimento, come fosse ogni volta la prima. Però ho smesso da molti anni di disegnare e sento di aver perso per strada una parte insostituibile del mio dire.

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna la terra,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Ecco il motivo di questa tirata personale è presto detto: credo che come me, tanti di voi abbiano smesso a un certo punto, in un istante preciso, di disegnare. Forse perché, quando abbiamo pensato al segno come possibilità di espressione, la nostra mente è andata subito a confrontarsi solo con chi lo usava con grande abilità o a livello artistico. Abbiamo immaginato un disegno, il nostro, che veniva giudicato prima di tutto da noi stessi e poi visto da altri in tutta la sua inadeguatezza. La frustrazione ha prevalso sull'idea... ma ha forgiato anche la consapevolezza che per saper fare bisogna conoscere i codici e applicarsi, il che di per sé assicura miglioramenti ma non risultati. Quelli li porta il talento.
È strano, se ci pensate, in modo del tutto contrario e opposto a questo ci comportiamo nell'uso della parola. Certo, l'uso del codice linguistico è indispensabile alla qualità della nostra vita per cui nessuno di noi può sottrarsi dal praticarlo. Ma tutti diamo per scontata la sua naturale acquisizione tanto che ci sentiamo all'altezza, indipendentemente dalle nostre capacità e abilità linguistiche, di affrontare discorsi importanti, parlare in pubblico e, non stiamo neanche a dirlo, di scrivere ben oltre il segreto delle nostre stanze. Un falso positivo, si direbbe in altre discipline. Un risultato ingannevole. L'acquisizione della qualità della propria lingua è, con evidenza, attività tra le più ardue da praticare che chiede per prima cosa di dimenticare per apprendere di nuovo, di rinunciare all'idea di sapere acquisito a favore di una visione capace di cogliere storture, aberrazioni, dissonanze e complessità, è la conquista di una vita perché il suo studio muta con noi e il nostro tempo.

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna il fuoco,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati
Dunque, di tutto questo, della parola e del segno, c'è un uso pubblico e uno privato che,  se è vero che per la lingua procede in entrambe le direzioni anche se zoppo, per il disegno arriva per molti e in maniera definitiva al capolinea con la fine dell'obbligo scolastico. Continuiamo, così, a inoltrarci nel mondo e nella sua interpretazione, praticando un uso a dir poco disinvolto della lingua e una ritrosia patologica nei confronti del disegno. Siamo di fronte a una mutilazione espressiva o almeno a una disabilità conoscitiva con la rinuncia al secondo? Credo di sì, di sicuro a un impoverimento della possibilità di conoscere attraverso il corpo, di praticare una conoscenza sensibile. Questi pensieri su cui rifletto da tempo, e che ho condiviso in un'illuminante chiacchierata anche con Steven Guarnaccia, sopraffino illustratore e chair dell'Illustration Program della Parsons The New School of Design di New York,  animata dal tentativo di comprendere quanto e come l'insegnamento della arti fin dai primi anni di scuola potesse influire nel dar vita a questa situazione, mi sono riaffiorati alla mente quando ho visto Mano Felice, la nuova collana uscita  per la Franco Cosimo Panini.

Nata dall'incontro dell'editor Antonella Vincenzi,  e dal suo desiderio di coinvolgere un  artista capace di diventare mediatore della propria arte e di usarla per creare un'inedita relazione con il bambino all'interno di un preciso progetto anche cartotecnico, con Alessandro Sanna (di cui ho scritto anche qui) che ha saputo interpretare alla perfezione e arricchire il senso di questa richiesta, Mano Felice si rivolge ai bambini, non meno che agli adulti, nel segno di una dimensione sensibile della conoscenza e dell'identità capace di favorire la pratica dell'esperienza estetica come esperienza del fare, letteralmente con mano, ovvero di coinvolgere il corpo nell'osservazione e interpretazione del mondo partendo dal disegno delle origini, seguendo un graduale ordine di difficoltà, dei quattro elementi naturali che lo costituiscono: acqua, aria, terra e fuoco.

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'acqua,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Alessandro Sanna sembra qui avere fatto suo il pensiero che Henry Focillon scrisse nell'imperdibile saggio Elogio della mano (in Vita delle forme, Einaudi, Torino, 1997): «[...] l’arte si fa con le mani. Esse sono lo strumento della creazione ma prima di tutto l’organo della conoscenza. Per qualsiasi uomo e per l’artista ancora di più e attraverso percorsi particolari. La ragione è che l’artista riprende e ripercorre tutte le esperienze primitive. [...] Noi ci accontentiamo di un’esperienza millenaria, di una conoscenza automatica e forse logora, sepolta nel nostro essere. Lui la fa risalire in superficie, all’aria libera, la rinnova – riparte dal principio. Non è lo stesso per il bambino? Più o meno. L’uomo fatto interrompe tale esperienza ed essendo appunto fatto, cessa di farsi. L’artista invece prolunga quel privilegio che è, nell’infanzia, la curiosità estendendolo ben oltre i limiti di tale età della vita». 


Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'acqua,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati


Mano Felice è la mano di ogni bambino, è lʼamica che lo stimola a fare, mostrandogli quanto è bello e semplice disegnare utilizzando anche oggetti di uso quotidiano. © tutti i diritti riservati

Le mani dell'artista sono la concretizzazione della sua identità, minuscola nel font scelto per scrivere il suo nome sulla copertina del libro, che così va a incontrare le mani dei bambini per guidarle, per indicargli percorsi di esperienza e scoperta, vie di possibile acquisizione di abilità, strumenti di realizzazione di pensiero altro, nel segno di una condivisione e formazione autentiche che partono dal mondo dell'arte ma che sono e saranno utilizzabili ben oltre il campo dell'arte stessa.

Le mani di Alessandro Sanna, poi nel continuare che viene già dato per certo della collana, andranno a stringere le mani di altri artisti, per fare entrare il bambino in ulteriori mondi e visioni, quelli dei protagonisti e testimoni della storia culturale dell'arte e dargli modo di confrontare così il proprio immaginario con chi, delle immagini personali, è riuscito a fare un racconto oggettivo e di valenza universale.


Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'aria,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Gli albi di grande formato (24.5x34.5) che compongono la collana, composti da circa una quindicina di pagine ciascuno tenute insieme da un punto metallico, si distinguono anche per l'accurata e felice scelta della carte che accoglieranno i disegni fatti, di volta in volta, con tecniche artistiche e materiali diversi... matite colorate, acquerelli, pastelli a cera, pennarelli, gessetti, pennelli: carta "Arcoset", trattata con inchiostri metallici, per disegni dell'aria, "Tintoretto", porosa e assorbente, per quelli dell'acqua, "Woodstock, ecologica e riciclata, per quelli della terra e "Shiro Tree Free", ecologica e calda al tatto, per quelli del fuoco.

Il design è parte essenziale di qualsiasi libro. È il primo aspetto del libro giudicato dal lettore. È la trama sottile che tiene insieme parole e immagini permettendo a entrambe di raccontare una storia priva di cuciture.
J. Scieszka, Design Matters in "The Horn Book Magazine"... lo disse a proposito dei picture book ma, forse, non è vero per tutti i tipi di libri? © tutti i diritti riservati


Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna l'aria,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati


Nella seconda parte dell'albo, conseguenza e felice approdo del segno, Mano Felice racconta e lo fa assecondando, invece fin dalla prima pagina, una struttura narrativa semplice, progressiva e suggestiva, racconto che poi ogni bambino potrà far proprio con una narrazione che si alimenta dalle conoscenza dei diversi saperi fin lì acquisiti, i suoi disegni e le sue parole.

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna la terra,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna la terra,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna la terra,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Gli alfabeti si ampliano, con Mano Felice, dilatano i confini delle scoperte di quei saperi, appunto, fino a confonderli per merito di un sentimento di meraviglia che nasce dalle sorpresa delle messa in atto delle proprie inaspettate capacità di fare e di tradurre un pensiero, uno sguardo, il proprio, in  gesto concreto, in dialogo, per essere visti e ascoltati. In possibilità di lasciare la propria traccia del e nel mondo.

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna il fuoco,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna il fuoco,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Alessandro Sanna,
Mano Felice disegna il fuoco,
Franco Cosimo Panini, Modena, 2012
© tutti i diritti riservati

Tra gli intenti di Mano Felice, c'è sicuramente quello di offrirsi anche come apertura su una sorta di atelier d'artista che, nel procedere della collana, ospiterà i bambini per sperimentare ancora altre conoscenze, altre tecniche artistiche... che cosa significa riempimento colore, come si producono i colori, come si lavora con i ritagli, le forbici, e la colla... Un percorso conoscitivo, e editoriale dunque, che partendo dall'esperienza sensoriale del libro, proseguendo nell'attività laboratoriale con i bambini approderà  presto al formato digitale sempre con Alessandro Sanna e insieme ad altri artisti pronti a porgere ai bambini una generosa chiave d'accesso alla loro arte.

Tutto questo, insieme a uno sforzo dell'editore di mantenere un prezzo a portata di mano di molti bambini, fa di Mano Felice una collana davvero speciale.

Info:
Mano Felice al XXV Salone Internazionale del Libro di Torino
Sabato 12 maggio ore 12.30
Mano Felice disegna... i quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco
Incontro con Alessandro Sanna
Bookstock Village - Spazio Book

Mano Felice è su Facebook.


I materiali tratti da Mano Felice disegna... sono stati pubblicati per gentile concessione della casa editrice © Franco Cosimo Panini e rispettivi autori.