sabato 22 dicembre 2012

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 22

«ULISSE» 

Ascoltami piccolo mio, non sono abituato a parlare a persone della tua età, io sono un vecchio signore, molto vecchio, un bisnonno. Venti, o forse venticinque anni fa, raccontavo questa storia al mio nipotino, che ora ha più di trent'anni ed è anche lui professore. Il personaggio di cui sto per parlarti si chiama Ulisse, o meglio Odisseo, come vuole il suo nome greco. Noi lo conosciamo perché all'incirca tremila anni fa un grande poeta, che non si accontentava di raccontare le sue storie con le semplici parole come faccio ora io, le ha cantate in versi in grandi riunioni pubbliche. Immagina che questo Ulisse, di cui ancora si parla e di cui si leggono le gesta del poeta chiamato Omero, ha visto la luce tremila anni fa. Chi studia il greco, ma anche chi non lo studia, un po' sa chi è Omero: Omero è l'autore dell'Iliade e dell'Odissea. E Ulisse è uno di quei personaggi che dalle profondità del tempo giungono fino a noi, perché è un personaggio chiave, è un eroe dell'antica Grecia. Pensa che poi, tre o quattro secoli più tardi, quattrocento anni prima di Cristo, tutti i bambini di Atene che andavano a scuola imparavano a memoria le storie di Ulisse. Era normale, conoscevano Ulisse come fosse un loro compagno. 
A fianco di questo personaggio ce n'é un altro di nome Achille, Achille dal piè veloce. Il guerriero Achille morirà molto giovane perché non ha che un'idea fissa: affrontare il nemico faccia a faccia, sul campo di battaglia, in quella terra di Troia che i Greci sono andati a conquistare. Achille ha scelto ciò che i Greci chiamavano la bella morte. Ha scelto cioè di morire molto giovane, ancora nel fiore degli anni, all'apice del vigore e della forza, convinto che solo morendo in combattimento e provando ogni giorno, nel corpo a corpo con un altro guerriero, di essere il migliore e di non avere uguali per eroismo, coraggio, abilità in battaglia e guerra, solo così avrebbe potuto ottenere un gloria immortale, una gloria senza fine. Achille rappresenta la virilità, il coraggio, l'eroismo. 
Ma Ulisse è un'altra storia. È anche lui un buon guerriero, con tanto di elmo, pennacchio, corazza, scudo, giavellotto e gladio. Ma, soprattutto, è Ulisse lo scaltro. È un tipo incredibilmente furbo. Possiede una qualità che i Greci chiamano métis, astuzia. Un'astuzia che gli consente di cavarsela tutte le volte che sembra ormai perduto. Ulisse ha tutto contro, combatte con forze più grandi di lui, eppure trova il modo, con astuzia, scaltrezza, bugie - dissimulando il proprio pensiero - di inventarsi qualcosa e avere, infine, la meglio© Jean-Pierre Vernant, "Ulisse" in C'era una volta Ulisse, Einaudi, Torino, 2006, pp. 5 - 6.

Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo

© Babalibri, Milano, 2012

Yvan Pommaux nasce a Vichy nel 1946. Segue gli studi di Belle Arti a Bourges e a Clermond-Ferrand. Nel 1970 entra nel mondo dell'editoria per l'infanzia come maquettista e due anni dopo comincia la sua carriera di autore e illustratore per bambini. Grazie a lui il fumetto esce dal contesto tradizionale: immagini a piena pagina, il testo libero di muoversi all'interno di essa, i personaggi presi in prestito dall'immaginario infantile. È stato insignito del "Grand Prix de la Ville de Paris" nel 1985.
I suoi libri in Italia sono pubblicati dalla casa editrice Babalibri: L'investigatore John Gattoni (2002), Una notte, un gatto... (2002, collana "I piccoli libri di Babalibri" 2012) L'isola di Mostrilia (2003) e Quando non c'era la televisione (2003).

C'è una felice somiglianza tra il pensiero espresso da uno dei libri secondo me più belli sul racconto dell'Odissea, un canovaccio per grandi narratori, l'opera di Jean-Pierre Vernant (1914-2007) che è stato uno dei massimi studiosi del mito e della cultura greca (trovate i suoi libri nelle edizioni Einaudi), e questo Ulisse di Yvan Pommeaux.

Nel libro di Vernant, è lui stesso anziano narratore che racconta a un bambino, qui, invece, vediamo un papà in una situazione assolutamente domestica fatta di pantofole e condivisione che racconta ai suoi bambini il poema di Omero, uno dei testi fondamentali della cultura classica occidentale. Dunque si prevede un narratore, come nella tradizione classica, che sappia trasmettere una memoria dell'appartenenza come quella espressa in questo racconto che si presenta al lettore come un universo di storie meravigliose.


Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo
© Babalibri, Milano, 2012


«COME HAI IMPARATO LE STORIE DI ULISSE?»

Come ti dicevo all'inizio, circa tremila anni fa c'erano delle persone che venivano chiamate aedi, cioè cantori. Tutto quello che poco fa ti ho raccontato, un po' male, gli aedi invece lo cantavano accompagnati con il suono di uno strumento musicale, una sepcie di lira, danzavano e insieme cantavano queste storie. Ciò accadeva proprio all'inizio del primo millennio a.C., tremila anni fa. Generazione dopo generazione, alcuni Greci imparavano quelle canzoni, le mandavano a memoria, ma le cambiavano, improvvisando. Agli occhi dei Greci si trattava della verità del loro passato come noi impariamo la storia, loro imparavano quelle storie. C'era gente che credeva di discendere da Achille. A Itaca i re pensavano che il loro capostipite fosse Ulisse, queste erano le storie dei loro antenati. In quel tempo non esisteva ancora la scrittura - i Greci hanno conosciuto la scrittura nel l'VIII secolo -, e per questo c'erano i cantori, perché ci fosse la memoria. Altrimenti quando non c'è scrittura, no c'è stato civile, nessuno sa chi era il proprio bisnonno, non ci sono testi che indichino che una tale proprietà appartiene proprio al tale, ecc. È nella testa delle persone, di questi aedi, che sta tutto quanto, sono loro la memoria di una società. A partire da quando è stata inventata la scrittura, questi testi sono stati messi per scritto e alla fine del VI secolo hanno avuto una prima forma di redazione. Poi, ad Alessandria d'Egitto ne sono state fatte numerosi revisioni e tutti quanti i testi ci sno stati trasmessi prima come papiri e poi in altre forme. Ma io ho letto i libri in cui si raccontanto queste storie. Non le ho inventate.© Jean-Pierre Vernant, "Ulisse" in C'era una volta Ulisse, Einaudi, Torino, 2006, pp. 37 - 38.


Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo

© Babalibri, Milano, 2012




Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo

© Babalibri, Milano, 2012




Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo

© Babalibri, Milano, 2012




Ulisse, Penelope, Telemaco, Poiseidone, Calipso, i Feaci, le Sirene, Nausica, il ciclope, e i venti e i canti e i mari e Scilla e Cariddi, e la tela e i porci... e l'arco e il talamo... c'è un mondo di visioni e suggestioni fantastiche che si dispiega davanti agli occhi di un bambino nell'atto di leggergli i racconti dell'Odissea.

Perché, questo sarebbe bello: tornare all'origine del poema, poter leggere il libro di Pommeaux insieme, adulto e bambino, vivificarlo con la lettura ad alta voce, entrare e uscire dalle figure a piena pagina, arricchire e modificare, tagliare e ampliare, introdurre, colorire, riassumere... di fronte alla sedimentazione immaginativa di tanta ricchezza le possibilità di narrazione di questo capolavoro tenderanno sempre all'infinito.


Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo

© Babalibri, Milano, 2012




Diviso in quadri, invece che in 24 canti, come vollero i filologi alessandrini, l'Ulisse proposto da Pommaux, autore in continua evoluzione stilistica che ama diversificare i temi, le tecniche e rivisitare storie che vengono da lontano ma che così lontano da noi non sono mai, potrebbe essere usato anche in una scuola felice per mano di un insegnante capace di accompagnare i bambini lontano, oltre i limiti del sempre più sterile POF.


Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo
© Babalibri, Milano, 2012



Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo
© Babalibri, Milano, 2012


D'altra parte i bambini di tutti i tempi continuano ad amare i miti e l'epica, chiedetelo a un buon libraio o bibliotecario e vedrete che cosa vi dirà. Certo, devono essere stati iniziati da qualcuno a questa lettura, devono aver avuto la possibilità si sentirne vibrare la potenza immaginifica e di pensiero. Ma non solo i bambini, a quanto pare, rimangono colpiti dall'epica se ancora da adulti succede che ogni volta che qualcuno ci racconta la nostra storia di uomini, antica, moderna o contemporanea, con l'epica dalla sua parte siamo pronti ad ascoltarlo e a lasciarci condurre dentro quel racconto così grande da  contenerci tutti tra gli spazi delle sue parole.


Yvan Pommaux, ULISSE dalle mille astuzie,
traduzione di Anna Morpurgo
© Babalibri, Milano, 2012



Un racconto, un buon racconto, è sempre plurisensoriale, polisemantico e capace di svolgersi al contempo su piani differenti di narrazione che partano da direzioni opposte. È sempre capace di un eco lontana, quando funziona, anche se non lo mostra all'apparenza. È un gioco di consonanze che ha successo quando riesce a chiudere quel ponte narrativo così felicemente teorizzato da Andrea Fontana e Gianluca Sgreva nell'omonimo libro pubblicato dall'editore Lupetti (2011).
Potersi avvicinare al racconto epico fin da bambini, oltre che un piacere, diviene, anche in questo senso, un insostituibile strumento per l'interpretazione del mondo.



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