lunedì 14 maggio 2012

NOTEBOOK BCBF 2012. L'ISOLA


Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

I libri di Marije e Ronald Tolman sono poesie. E come tali, e come Antonio Machado maestro di poesia popolare di "eterna umanità" voleva, risuonano dentro, "la loro musica risuona meglio negli spazi interiori".


Solo raccomando di non leggere mai i miei versi ad alta voce. Non sono fatti per essere recitati, ma perché le parole creino rappresentazioni. A. Machado, "Appunti" in Prose, a cura di O. Macrì, op. cit., p. 46 © tutti i diritti riservati

L'isola, appena uscito, e La casa sull'albero, il primo dei libri di Marije e Ronald Tolman vincitore del BolognaRagazzi Award 2010 nella sezione Fiction, sono in realtà silent book, opere di pure immagini o, come li traduciamo impropriamente noi per evidenza e necessità di veloce comprensione, libri senza parole.


Marije & Ronald Tolman, De boomhut/La casa sull'abero,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2009/2010
© 2010 Il Castello srl


E sì che la definizione silent book, evocativa e migliore della nostra non perfetta ma più rispettosa del volere delle immagini, è composta da due parole facili e di uso comune che potremmo conservare nella loro lingua originale. In particolare, silent non è termine di sottrazione ma è condizione possibile e privilegiata per il verificarsi di un orizzonte fuori dal coro. Silenzio, e i suoi derivati, sono esistenze che si manifestano in assenza di rumore e, nel nostro caso, al limite, in assenza di parole pronunciate ad alta voce non di parole tout court, quindi di pensiero, attività per altro impossibile da praticarsi davanti a uno stimolo visivo. Ma è anche vero che chi ha visto un bambino all'opera con un silent book, anche un adulto vi assicuro, sa che prima o poi di quelle pagine vi farà il suo racconto, i suoi racconti, ad alta voce. 

Siamo vittime di un duplice miraggio. Se guardiamo fuori e cerchiamo di penetrare le cose, il nostro mondo esterno perde in solidità, e finisce per dissiparsi quando arriviamo a credere che non esiste per se stesso ma per noi. Ma se, convinti della sua intima realtà, guardiamo dentro di noi, allora tutto ci sembra venire da fuori e chi svanisce è il nostro mondo interiore con noi stessi. Che fare allora? Tessere il filo che ci danno, sognare il nostro sogno, vivere; solo così potremo operare il miracolo della creazione. Un uomo attento a se stesso e che bada ad ascoltare soffoca l'unica voce che potrebbe ascoltare: la sua.
Antonio Machado, Prologo in Paginas escogidas, Madrid 1917 © tutti i diritti riservati

Allora forse silent sta proprio a indicare la necessità di eliminare i rumori di fondo e ascoltare, per prima, la propria voce che risuona dentro, che cerca le parole per interpretare i pensieri che un'altra voce silenziosa, quella dell'autore del book, gli ha consegnato. È l'attesa di un incontro mai definitivo che prende forma al voltar delle pagine. Qualcosa di meno del leggere un libro di sole parole? A mio avviso, certamente, solo qualcosa di diverso. Un dubbio si affaccia, a questo punto, e fa sembrare che il problema risieda nella nostra concezione di book, limitata a intenderlo tale solo se composto da parole, tanto da sottolinearne l'assenza nel nostro caso, ignorando quindi che, indipendentemente dai caratteri di Gutemberg, il libro è sempre una creatura che ci parla e che, in quanto tale, è generatore di quella conoscenza che arricchisce e dà forma all'esperienza nella nostra vita. 

Visto però che le parole non si scelgono a caso, anche quando lo si fa per necessità, la definizione "libri senza parole", in fondo, sembra tradire anche quando non è così, una sorta di dichiarazione di straordinarietà che però va a offuscare la convinzione che le immagini abbiano la stessa potenza nel penetrare, alimentare e forgiare il pensare e il sentire dell'essere umano.
Sembra una questione di lana caprina ma vi assicuro, dopo anni in cui dedico studio e lezioni a questi libri, che non è e non lo sarà finché non riusciremo a ridurre lo iato tra la il sentimento di meraviglia che provocano nel lettore di tutte le età qualora ne venga a conoscenza e la scarsa e difficile diffusione di queste opere nel nostro Paese. Non lo è e non lo sarà, finché non si verificherà una condizione culturale ineludibile: la capacità da parte degli adulti, educatori, degli insegnanti, di frequentare e praticare con abitudine l'universo simbolico tanto dell'arte quanto delle narrazioni, insostituibili l'uno all'altro, e di utilizzare la pratica della rêverie come pratica di autoformazione, l'unica che permette il disegno originale, razionale sentimentale ed emotivo, della nostra identità nella realtà complessa mondo.

Ciascuno compie un'esperienza di rêverie quando riesce a guardare un'opera d'arte, o accostarsi a qualsiasi testo, come se lo stesse ri-creando in quel momento, reinventandone senso, significato, funzione.
La rêverie come, la formulò Bachelard, è la capacità di stimolare e accogliere come attendibili e autentici i contenuti della fantasticheria e del sogno a occhi aperti, soprattutto quando questi sono generati dall'incontro con suggestioni estetiche, con l'arte, la poesia ma anche con fenomeni naturali, con suggestioni desunte dall'esperienza quotidiana (Gastone Bachelard, La poetica della rêverie, 1969 - Edizioni Dedalo, Bari, 2008 in Marco Dallari, La dimensione estetica della Paideia, Edizioni Erickson, Trento, 2005 ).

Si tratta, dunque, di imparare a riconoscere e a promuovere la dimensione estetica della conoscenza, di favorire un'educazione interiore che si alimenti delle suggestioni che provengono dall'universo sensibile oltre che razionale.

Ma perché questo possa realizzarsi, deve verificarsi una condizione precisa, quella che Gillo Dorfles definiva diàstema o intervallo perduto cioè la necessità di riprenderci, nel nostro rapporto con il mondo, tutto il tempo e il silenzio che ci occorre, di riscoprire la linea di confine sulla quale possiamo fare nostra, interiormente, la cosa che contempliamo senza perderci in essa, ma diventando capaci di superare il limite di un rapporto esclusivamente razionale, funzionale, convenzionale e comunque emotivamente impoverito con l'alterità (Gillo Dorfles, L'intervallo perduto, Einaudi, Torino, 1964).
Non è dunque ciò che facciamo abitualmente, quel senso di incantamento che proviamo, di fronte a un quadro o a un paesaggio? 
Ecco allora, alla luce di tutto questo, che la definizione silent book, quale opera d'arte come può dirsi per un numero considerevole di essi, può riacquistare senso e significato e quindi diviene di nuovo altamente preferibile a quella di "libri senza parole" che ne esce con evidenza ancor più impoverita.

Opere d'arte, dunque, come fu per La casa sull'albero e com'è per L'isola che qui vi presento, nata dal pensiero e per mano rispettivamente delle incisioni di Ronald Tolman, scultore, pittore e incisore olandese di grandissimo valore, e delle illustrazioni di sua figlia Marije, prolifica autrice di libri per bambini di rilevanza internazionale.

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

L'isola, non a caso come La casa sull'albero "esempio poetico, limpido, assai sapiente, di come oggi un grande topos dell’immaginario possa essere ancora una volta rivisitato con nuovi argomenti che ne ribadiscono la grande rilevanza culturale" come si legge nella motivazione della giuria del BRAW 2010, è il luogo dell'altrove da cui è possibile un sempre e rinnovato sguardo sulle cose e sul mondo. 
Luogo di approdo di attese di ripartenze.
E su questa isola scende, scende da un'esile scaletta, un lieve orso bianco, il protagonista quasi metafisico di questa storia di sempre differenti visioni che cambiano sotto gli occhi del lettore al cambiar di isola a ogni pagina, in un perfetto equilibrio ritmico che ne sottolinea il continuo movimento emotivo, come nell'allestimento perfetto di una galleria di quadri di una mostra a tema.
Questo il soggetto di una sceneggiatura dal sapore filosofico che nella stilizzazione poetica e limpida delle figure degli autori si eleva fino ad assumere una grande pregnanza simbolica, una nuova capacità di significazione, in  grado, come nelle intenzione di Ronald e Marije, di suscitare nei lettori, nello stesso lettore, molteplici interpretazioni.


Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl
L'incontro con la natura, la gioia dell'avventura, della scoperta, sono temi fondamentali di tutta l'opera di Ronald Tolman segnata da continui riferimenti alla letteratura e ai temi classici della storia dell'arte e della grafica che l'artista desidera, in ogni modo, condividere con chi si avvicina al suo lavoro nell'intento di rendere l'arte sempre più accessibile fino a farne inesauribile forma di ispirazione e consolazione per l'essere umano.
Per questo i suoi libri con Marije, intessono un continuo dialogo tra passato, presente e futuro, un dialogo fatto di ricordi e sensazioni che viene tramadato nel tempo, la memoria di una natura, del farsi di un pensiero, che tutto ricorda e trasforma.
Sono preziosi creazioni per canti con voce propria ai quali sarebbe un vero peccato dover rinunciare per sola mancanza di conoscenza.

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl
Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

Ha l'uomo quattro cose 
che non servono nel mare: 
ancora, timone e remi, 
e paura di naufragare. 
Antonio Machado, Tutte le poesie epe prose scelte, Mondadori,
a cura di G. Caravaggi,  "I Meridiani", Milano, 2010
© tutti i diritti riservati

Marije & Ronald Tolman, Het eiland/L'isola,
Lemniscaat b.v., Rotterdam/Milano, 2012
© 2012 Il Castello srl

Le immagini tratte da L'isola e La casa sull'albero sono state pubblicate per gentile concessione della casa editrice © Il Castello srl e rispettivi autori. Per gli altri materiali si faccia riferimento alle fonti e al © Copyright indicati sotto ciascuno di essi.

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